1 ottobre 2021

ADDIS ABEBA, Etiopia — L’Ufficio di Addis Abeba della Bahá’í International Community (BIC) ha di recente riunito scienziati, rappresentanti di comunità religiose e organizzazioni della società civile per un’analisi degli spunti di riflessione derivanti dalla scienza e dalla religione e il relativo influsso sul dibattito in atto riguardo ai cambiamenti climatici.

“Al centro della crisi ambientale vi è essenzialmente una crisi spirituale,” afferma Solomon Belay dell’Ufficio di Addis Abeba.

Il dottor Belay prosegue precisando che, nonostante la crescente attenzione rivolta al discorso sull’ambiente, in modo particolare nella fase preparatoria alla 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del prossimo novembre — altresì nota come COP 26 — vi sono alcuni spazi di discussione appositamente predisposti per valutare come sia la scienza che la religione possano dare un orientamento verso un’efficace risposta alla crisi ambientale.


Partecipanti al raduno, denominato “Il nesso esistente tra cambiamento climatico, fede e scienza”, che è stato copresentato dall’Ufficio di Addis Abeba della Bahá’í International Community. 

Afferma inoltre che: “Ognuno di noi è custode dell’ambiente, ogni singola persona, istituzione e nazione. Le dimensioni cui è giunto questo problema richiedono un’azione unitaria, che sia guidata dalle massime evidenze scientifiche disponibili e fondata su principi spirituali quali la giustizia e l’unità del genere umano.”

Il raduno rientra nell’opera svolta dall’Ufficio di Addis Abeba per contribuire al discorso sull’ambiente ed è stata organizzata congiuntamente con l’All Africa Conference of the Churches (AACCP – Conferenza Panafricana delle Chiese) e l’United Religions Initiative (URI – Iniziativa Religioni Unite).

I partecipanti hanno discusso sull’impossibilità di trovare soluzioni alla crisi ambientale esclusivamente in uno dei sistemi della società. “La scienza da sola non basta, e nemmeno le soluzioni economiche sono di per sé stesse sufficienti,” ha dichiarato durante il raduno Francesca de Gasparis, membro della Southern African Faith Communities’ Environment Institute (SAFCEI – Istituto per l’Ambiente delle comunità religiose dell’Africa del Sud).

“La fede ricopre un ruolo molto importante,” ha aggiunto, “poiché è il legame con i cuori e le menti e ha il potere d’ispirare l’azione costruttiva.”


Solomon Belay dell’Ufficio di Addis Abeba della BIC (secondo da sinistra) con alcuni rappresentanti delle organizzazioni religiose e della società civile ad un evento dello scorso mese di giugno in occasione del World Environment Day (Giornata Mondiale dell’Ambiente).

Atieno Mboya, rappresentante dell’Ufficio di Addis Abeba, con queste parole ha illustrato come la religione possa rappresentare l’energia con la quale creare nuovi modelli di vita individuale e collettiva: “Uno dei problemi degli estremi tra ricchezza e povertà è che coloro che maggiormente soffrono per l’impatto dei cambiamenti climatici, sono anche quelli che soffrono per l’iniqua ridistribuzione delle risorse.”

Ha inoltre aggiunto: “I nostri modelli economici devono essere rivisitati alla luce dei principi spirituali forniti dalla religione, come ad esempio l’unità del genere umano, al fine di garantire il benessere del pianeta e di tutti.”

Arthur Dahl, scienziato dell’ambiente e presidente dell’International Environment Forum (Forum Internazionale sull’Ambiente), ha sottolineato il principio bahá’í dell’armonia tra scienza e religione quale punto fondamentale del dibattito sulla giustizia climatica e sul progresso sociale. “L’aggravamento della crisi ambientale è alimentato da una sempre maggiore cultura del consumismo e da una ottica miope tesa al guadagno materiale e nel breve periodo.”

“La salvaguardia dell’ambiente non presuppone unicamente nuove tecnologie,” ha soggiunto, “ma anche una nuova consapevolezza di noi stessi e del nostro posto nel mondo. Dovremo scontrarci con una completa riconcettualizzazione del nostro rapporto con la natura e delle relazioni che reggono la società.”

Subito dopo la conclusione di questo raduno, denominato “Il nesso esistente tra cambiamento climatico, fede e scienza,” l’Ufficio di Addis Abeba ha in programma di proseguire lo studio, unitamente a diversi attori sociali, scienziati e comunità religiose, di altri temi correlati, con particolare riferimento a temi quali l’agricoltura, la sostenibilità rurale e le migrazioni all’interno della realtà sociale dei Paesi africani.